Immagina questo:
Sei ad una finale europea, la tensione è alle stelle, tu sei l’allenatore e la tua squadra è stanca e non riesce più a tenere il ritmo di gioco. Hai una sola carta da giocare, il tuo asso nella manica.
Ma sai che è un rischio.
Perchè? Perchè sai che il tuo asso nella manica è appena ritornato da un infortunio alla coscia posteriore. Vuoi rischiare e lo mandi in campo (con tanto di segno della croce e invocando tutti gli dei dell’olimpo con la speranza che non si faccia male). Ed eccolo che appena entrato scatta sulla fascia.
Ne salta uno
Ne salta un’altro
Scatta in avanti quando, ad un certo punto, lo vedi che si ferma e si tocca la coscia posteriormente.
La diagnosi non lascia scampo: lesione di 2 grado degli hamstring.
Ecco questa è solo una delle tante scene che possono accadere quando non si sono rispettati ne i processi e ne il tempo per recuperare e riatletizzare in maniera corretta l’atleta, agonista o amatoriale che sia.
Gli infortuni degli hamstring sono i traumi con prevalenza più ampia negli sport come calcio, rugby football e corsa.
In seguito a questo evento può verificarsi un danno, più o meno esteso, alle fibre muscolari: la lesione può variare dal semplice stiramento allo strappo di 1°, 2° o 3° grado e la parte muscolare più colpita è il bicipite femorale, il 2° sembrerebbe il semimembranoso.
Quali sono i fattori di rischio della lesione degli hamstring (bicipiti femorali) ?
Le richieste biomeccaniche della corsa hanno un peso costante sul livello di attivazione degli hamstring che diventa massimo nella fase di swing terminale e appoggio iniziale.
In questa fase infatti il bicipite femorale (soprattutto capo lungo) è sottoposto ad un allungamento che arriva a più del 110% della sua lunghezza rispetto a quando ci troviamo in stazione erette.
Si è dedotto dunque che le cause principali della lesione è l’elevata richiesta di forza e la contrazione eccentrica in allungamento.
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Riatletizzazione dopo la lesione degli hamstring: Su cosa possiamo essere influenti noi trainer?
Secondo uno studio prospettico si è visto che ci sono alcuni fattori su cui si può influire e d altri no.
Fattori non modificabili
- età maggiore di 23 anni
- infortuni precedenti e alterazione della flessibilità muscolare
- la razza: gli afro americani presentano una maggiore rischio di infortuni per il maggior tilt pelvico anteriore e la presenza di più fibre di tipo 2
Fattori modificabili
- asimmetria degli arti
- deficit di forza
- rapporto di forza tra flessori ed estensori
Quanto deve stare fermo il soggetto?
Dobbiamo tenere in considerazione alcuni punti:
- Ogni carico è un carico ottimale e dunque è meglio cercare da subito una intensità di esercizio e movimento tollerata per l’atleta anche dai primissimi giorni
- Il muscolo ha bisogno di tempi biologici per guarire e bisogna guidare questo processo
- Restare fermi senza fare niente significa ritrovarsi con un tessuto disorganizzato e non capace di tollerare i carichi e risulta più esposto a recidive e lesioni
Uno studio del 2018 ha chiarito che iniziare a caricare il muscolo già 2 giorni dopo l’infortunio porta risultati migliori e accelera il RTS (return to sport) rispetto a chi lo inizia 9 giorni dopo.
Più il tempo passa e più il muscolo subirà modifiche che lo rendono meno capace di sopportare carichi in futuro.
Come possiamo intervenire?
Il fine ultimo sarà quello di ripristinare al massimo la funzione del soggetto, riducendo al minimo la probabilità di recidiva e riportando il paziente al livello precedente di performance.
L’approccio sarà fisioterapico con l’intervento del trainer successivamente con lo scopo di riatletizzare e prevenire infortuni futuri.
Le fasi per un corretto approccio rieducativo
- nelle prime 3 settimane circa lo scopo sarà di proteggere i tessuti in via di guarigione, ridurre al minimo l’atrofia e la perdita di forza e prevenire la perdita di movimento
- nelle successive 6-8 settimane l’obbiettivo sarà di recupera la forza del tendine del ginocchio senza dolore, progredendo attraverso il ROM completo, sviluppare il controllo neuromuscolare del tronco e del bacino con un progressivo aumento del movimento e della velocità preparandosi ai movimenti funzionali.
- verso la 12-14 settimana si punterà ad aumentare la forza concentrica ed eccentrica attraverso il ROM completo e la velocità, migliorare il controllo neuromuscolare del tronco e del bacino, integrare il controllo posturale nei movimenti specifici per lo sport
In conclusione
La lesione dei muscoli posteriori della coscia rappresenta ancora oggi una problematica davvero importante, soprattutto a livello agonistico (ma sopratutto amatoriale).
I tempi di recupero sono lunghi e, spesso se non sempre, la fretta di rientrare in campo precocemente non permette il rispetto di tutte le fasi riabilitative e rieducative, con conseguenti recidive.
Per questo motivo bisogna attuare un processo specifico non solo fine al recupero ma, sopratutto, preventivo.